Proseguono con grande successo le Lezioni di Cinema di 50&Più Livorno. Dopo il serrato confronto tra Anna Magnani e Sofia Loren dell’ultimo incontro, l’appuntamento di sabato 8 ottobre sarà dedicato a “Livorno, città perduta nel cinema”. I due relatori sono Gianluca Della Maggiore, ricercatore di Cinema, fotografia, televisione e nuovi media all’Università Telematica UniNettuno e Chiara Fantozzi, esperta di storia della criminalità nella seconda metà del Novecento e durante l’occupazione alleata.
Nell’immediato secondo dopoguerra Livorno divenne infatti teatro di alcune importanti produzioni cinematografiche del filone neorealista. Tombolo, paradiso nero (1947) di Giorgio Ferroni e Senza pietà (1948) di Alberto Lattuada, sono i film su cui si incentrerà la lezione. Filo d’unione tra le due opere la “pineta proibita” di Tombolo, in quegli anni presa a emblema nazionale delle conseguenze più deleterie dell’occupazione americana.
Livorno nel dopoguerra
Dall’ultimo anno di guerra lo scalo portuale livornese aveva assunto una centralità logistico-strategica per le operazioni belliche nello scacchiere Mediterraneo. Così, dopo lo spopolamento dovuta ai massici bombardamenti e al forzato sgombero del centro imposto dai tedeschi, con la liberazione la città si era ripopolata rapidamente, soprattutto di soldati americani.
Una massiccia presenza di truppe, che si protrasse fino al dicembre 1947, portò quindi Livorno a divenire anche un immenso magazzino-emporio di materiale bellico di ogni tipo. Questo richiamò dal Sud del Paese già liberato migliaia di individui in cerca di fortuna. In tale contesto, la pineta di Tombolo divenne il simbolo del degrado prodotto dalla “lunga liberazione”.
Una sorta di terra di nessuno, spesso al di fuori del controllo perfino della Military Police, che presto divenne teatro di romanzi e inchieste giornalistiche che ne accrebbero la fama di “luogo di perdizione”. Con un tale concentrato di ingredienti paradigmatici, Tombolo e Livorno attirarono così le attenzioni di registi e produttori cinematografici. La città regalava lo scenario letterario e traslato della discesa agli inferi delle miserie del dopoguerra. Lo spazio avventuroso che questo contesto offriva, permise al cinema neorealista di attingere alla cronaca per riadattare al nuovo orizzonte del dopoguerra vecchi codici di genere: gangster movie, spy story, noir, western, commedia e melodramma.
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